Al Teatro alla Scala Roberto Bolle stella della Serata di gala dedicata al ballerino e coreografo russo scomparso nel 1993
In platea, al Teatro alla Scala, sembra quasi di essere su YouTube. Quando digiti il nome Rudolf Nureyev e vedi i risultati che escono. Quelli in rete sono tanti, 41mila tra balletti, passi a due, assoli, interviste, documentari e persino una divertente esibizione al Muppet show. Al Teatro alla Scala, questa volta, i risultati della ricerca con il nome di Nureyev, sono tre. Che sono poi le coreografie messe in cartellone sotto il cappello di Serata Nureyev, gala ideato dal direttore del Corpo di ballo Frédéric Olivieri per ricordare il grande ballerino e coreografo a 25 anni dalla morte e a 80 dalla nascita avvenuta il 17 marzo 1938 su un treno della Transiberiana. L’addio al mondo, invece, il 6 gennaio 1993. In mezzo una vita da leggenda, quella del più grande ballerino del Novecento formatosi al Kirov di San Pietroburgo quando aveva 18 anni, in tarda età (tarda per un ballerino), ma subito ai vertici della compagnia di danza. La clamorosa fuga dalla Russia e la decisione di restare in Occidente con la richiesta di asilo politico il 16 giugno 1961 all’aeroporto di Parigi durante la tournée in Francia e in Inghilterra del Kirov. Tornerà in patria nel 1987 per salutare per l’ultima volta la madre e nel 1989 per ballare al Kirov.
Una vita di eccessi e di amori tormentati insieme al rigore e alla disciplina della danza. La malattia che lo ha consumato. Ma soprattutto un patrimonio che è ancora vivo, quello delle sue coreografie che hanno reinventato i classici: passi spettacolari e al contempo tecnicamente impervi, riletture che sanno parlare al nostro tempo delle grandi storie sulle punte (lo Schiaccianoci psicanalitico con l’interpretazione dei sogni e la Cenerentola a Hollywood), rivalutazione del ruolo del danzatore che con Nureyev non è più solo il partner della prima ballerina, ma conquista un suo ruolo da protagonista.
Ecco, da questo immenso patrimonio, i tre risultati della ricerca al Teatro alla Scala. Ricerca negli archivi che custodiscono la memoria del lavoro di Nureyev. Sui quali, di recente si è posata un po’ di polvere, pronta, però, a sparire già a breve con il Don Chisciotte in cartellone a luglio e con la Bella addormentata che tornerà nella prossima stagione.
Due titoli, questi ultimi, in locandina nella Serata Nureyev. Il terzo atto de La bella addormentata nel bosco, il gran passo a due dal terzo atto del Don Chisciotte. Due coreografie firmate da Nureyev alle quali si è aggiunto un ruolo reso immortale da Rudy, l’Apollo di Geoerge Balanchine sulla partitura di Stravinskij. Interpretato da Roberto Bolle, l’unico danzatore che ha saputo riportare la danza ai tempi d’oro di Nureyev. Per l’entusiasmo che scatena quando entra in scena o quando appare in tv (stasera sarà a Che tempo che fa si Rai uno per lanciare il suo On dance, una festa della danza in programma a Milano dall’11 al 17 giugno). Ma soprattutto per il rigore che mette nel suo lavoro in sala. Per la fedeltà al linguaggio dei coreografi che interpreta. Che è una delle lezioni di Nureyev.
Fedeltà – in questo caso al linguaggio di Nureyev – che si è vista anche sul palco della Scala. Svetlana Zakharova (altre volte non così osservante del linguaggio del coreografo russo) è stata inappuntabile nei panni di Aurora. Con lei un’entusiasmante Germain Louvet, venticinquenne étoile dell’Opera di Parigi. Che “ha nelle gambe” le coreografie di Nureyev, in repertorio della compagnia che Rudy ha diretto dal 1983 (quando in organico c’era un giovane Olivieri). Nel Don Chisciotte la grazia di Marianela Nuñez, principal al Royal ballet, non basta a compensare la delusione della prova di Vadim Muntagirov, Basilio in sordina. Volti storici del Corpo di ballo della Scala come Marta Romagna e Alessandro Grillo nella Bella addormentata. Giovani talenti come Nicoletta Manni, Martina Arduino e Virna Toppi nell’Apollo accanto a Bolle. Tutti insieme nel Défilé che, applauditissimo sulle note di Wagner, ha chiuso la serata.
Nelle foto Brescia/Amisano Teatro alla Scala la Serata Nureyev
Articolo pubblicato su Avvenire del 27 maggio 2018