Il balletto ispirato a Byron mancava dal teatro dal 1857 oggi torna con successo con i giovani talenti scaligeri
Sembra un film degli anni d’oro di Hollywood. Un kolossal. Perché, appena si apre il sipario, in scena c’è un veliero. Poi un bazar, una grotta con il tesoro dei pirati, un palazzo con un giardino incantato. E infine ancora il veliero, piegato dalla tempesta. Un kolossal sulle punte. Perché Le Corsaire è uno di quei balletti come si usavano una volta, pieni di danza. Di quella fatta di assoli e passi a due con virtuosismi strappa applausi. Messo in scena con piglio moderno, capacità di racconto e ritmo incalzante. Quasi una nuova puntata della saga dei Pirati dei Caraibi.
E come un kolossal cinematografico vede tanti nomi in locandina. Così Le Corsaire, balletto ispirato all’omonimo racconto di Byron che mancava dal Teatro alla Scala dal 1857, è l’occasione per il Corpo di ballo di Frédéric Olivieri mettere in campo i talenti della nuova generazione. Molti dei quali freschi di promozione nell’ultimo concorso internazionale che ha laureato tre nuovi primo ballerini e ha rafforzato le file di solisti e danzatori. Tutti impegnati con la coreografia (nata nel 1997 per Boston e ora riproposta nel nuovo allestimento di Luisa Spinatelli) di Anna-Marie Holmes che, senza pretese filologiche, ma con molto gusto e capacità narrativa, ha rimontato l’originale di Marius Petipa e Konstantin Sergeyev.
Ritmo incalzante sulle note della colonna sonora (sul podio Patrick Fournillier) che mette insieme pagine di Adam, Pugni, Delibes, Drigo e Von Oldenburg. Poca pantomima e tanta danza per raccontare le vicende esotiche e rocambolesche del pirata Conrad e del suo schiavo Alì che salpano per la Turchia dove rapiscono le schiave Medora e Gulnara al pascià.
Racconto nel quale brillano i giovani talenti del Corpo di ballo. Su tutti Mattia Semperboni, Alì che strappa applausi e ovazioni: entrato all’ultimo minuto a sostituire un collega, il giovane danzatore milanese (apprezzato sin dai tempi della Scuola di ballo per la sua straordinaria tecnica) ha giocato bene le sue carte trionfando grazie a tour e pirouettes mozzafiato. Ruolo, quello di Alì, che in ogni replica ha visto il giovane ballerino milanese (che in alcune serate ha vestito i panni di Lankenden per il pass des enclaves con Gaia Andreanò) raccogliere un calorosissimo successo personale.
Timofej Andrijashenko e Nicoletta Manni, vigoroso Conrad e appassionata Medora, hanno lasciato il posto nei panni dei protagonisti poi a Marco Agostino e Martina Arduino, neo prima ballerina e già affascinante Gulnara lei, danzatore in costante crescita e anche impeccabile Lankendem lui. Virna Toppi e Nicola Del Freo insieme ad Antonino Sutera, Federico Fresi hanno vestito i panni dei numerosi personaggi nelle repliche in cui si è messa in luce ancora una volta (come odalisca con le variazioni del primo atto) Caterina Bianchi, diplomata lo scorso anno alla Scuola di ballo e già assunta (dopo aver vinto il recente concorso internazionale) nel Corpo di ballo scaligero.
Nelle foto Brescia/Amisano Teatro alla Scala Le Corsaire
Articolo pubblicato in parte su Avvenire del 25 aprile 2018
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