Scala, Spoerli traduce in movimento le Goldberg di Bach
All’inizio c’è già tutto. Ci sono già tuti gli elementi che per 85 minuti si scomporranno e ricomporranno per costruire disegni armonici e immagini. All’inizio c’è il tema, un’aria. Poi ci sono le variazioni. Trenta. E alla fine di nuovo l’aria iniziale. Che chiude il cerchio. Schema perfetto delle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach. Schema che il coreografo Heinz Spoerli segue alla lettera nel suo Goldberg Variationen fedele sin nel tiolo alla partitura di Bach. Di cui asseconda i respiri e i colori, traducendoli in danza per il Corpo di ballo del Teatro alla Scala.
Secondo titolo della stagione, il lavoro del coreografo svizzero (nato per l’Opera di Zurigo) è uno di quei “balletti da camera” voluti dal sovrintendete Pereira per incrementare la stagione di danza senza gravare troppo sulla produzione. Basta, infatti, un pianista in buca per la partitura di Bach, è Alexey Botvinov che restituisce le Goldberg nella loro cantabilità. Trentadue i danzatori sul palco, come 32 sono le pagine musicali che si susseguono raccontando con un tocco di astrazione tutti gli umori della vita.
La coreografia di Spoerli crea atmosfere rarefatte, immerge la danza in un ambiente asettico dove le uniche macchie di colore, che si stagliano su fondali ora bianco accecante ora nero notte, sono quelle dei costumi (un sorriso quando compaiono tre danzatori vestiti con i colori della bandiera italiana) disegnati da Keso Dekker. Asettico l’ambiente, asettica, in qualche modo, la danza con assoli, passi a due, terzetti, quartetti, momenti corali che, pur di pregevole fattura, vedono la tecnica classica quasi ingabbiata e incapace di fare un salto verso la contemporaneità che il contenitore e la musica suggerirebbero.
Una trama corale raccontata dai solisti del Corpo di ballo scaligero con le prove di carattere di Claudio Coviello e Antonino Sutera, il lirismo dei passi a due di Virna Toppi e Nicola Del Freo e di Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko, il carisma e il magnetismo di Martina Arduino, il graffio, seppure in un breve passaggio, di Mattia Semperboni.
Nellaefoto Brescia/Amisano Teatro alla Scala Goldberg Variationen
Articolo pubblicato su Avvenire del 31 gennaio 2018